IL POPOLO DEI MASS METRO

Pubblicato: 23 Maggio 2013 in Il potere del linguaggio
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Si spostano, leggono, pensano, parlano (da soli o in compagnia), ascoltano musica, spingono, ridono, spingono, sudano, se ne fregano di quello che gli accade intorno.

Chi sono? Semplice: il popolo dei Mass Metro.

Sotto questa voce possono essere raggruppate tutte quelle persone che viaggiano giornalmente o saltuariamente in metropolitana. Potrei indicare tra parentesi anche coloro che utilizzano il tram, l’autobus, il trenino, eccetera, ma concentriamoci su di loro e diamo una panoramica generale (e generalizzata) di quanto accade in una giornata-tipo.

Chi usa la metro lo sa, oppure può darsi si ritrovi proprio in questa particolare categoria.

Metro A. Si parte da Vittorio Emanuele direzione Battistini. Alle 8.30 le banchine sono inavvicinabili. Per arrivarci però, il coraggioso deve affrontare “loro”: non hanno una direzione precisa, nel senso della traiettoria puramente detta, si spostano da destra a sinistra e viceversa senza un apparente motivo, costringendoti a fare un simpatico zig-zag per tutta la durata del tunnel. Arrivato a “quel coso dei biglietti”, cerchi invano di passare la tua tessera, ma un signore anziano, una cinese, un turista o semplicemente uno che non ha molto da fare in quella giornata, decide che per te non è il momento, e ti fa aspettare mentre gira il biglietto in tutti i modi possibili, finchè arriva chi sta in guardiola e gli dice come si fa. Passi, prendi le scale mobili. Generalmente le trovi libere da un lato, e riesci ad arrivare in fondo, dove ti aspettano un’altra volta “loro”. Il display dice “3 minuti”, e in quei 3 minuti arrivano tutti insieme, manco si fossero dati appuntamento. Arriva la metro, ma è lì che inizia l’inferno: per potersi accaparrare un singolo spazietto, si è disposti a fare di tutto, cominciando dal non fare scendere quelli che devono. Inutile dire “fate passare”, loro non ti ascoltano.

In metro: personalmente preferisco sempre gli spazi dimenticati dalla maggior parte, quelli attaccati all’uscita opposta alla tua, quelli “mobili” tra un vagone e l’altro dove ti puoi solo poggiare alla parete, e simili. Ma loro NO. Perchè, se tanto non devo scendere alla prossima, mettermi distante dalla porta di uscita? Non ha senso! Molto meglio rimanere incastrati e attaccati al sostegno al centro, non si sa mai. Arrivati a Termini si tocca il fondo. La gente per entrare calpesta i piedi, le mani, sgomita, urla, viene trascinata come un pesce rosso verso il fondo del lavandino, e finalmente, le porte si chiudono.

Vorrei analizzare con voi alcune interessanti e strane figure che un comune viaggiatore incontra in metro una volta passato a Termini.

C’è l’intellettuale: è quello che sa come va il mondo, e lui la metro non l’avrebbe mai presa se non fosse stato costretto. “Che barbari”.

C’è la vicina di casa: in grado di attaccare bottone con chiunque, persino con un Pakistano che invano tenta di capire dov’è e che non ha la minima intenzione di starla a sentire. Anche perchè, non la capisce. Generalmente parla in dialetto.

C’è la classica vecchietta: lei è quella che “mamma mia, oggi proprio non si cammina; oggi i giovani non sanno neanche prendere la metro; perchè, signora mia, mio padre diceva ‘sono sempre gli stessi culi che scaldano il Parlamento’. E c’aveva ragione!”. Si troverebbe perfettamente a suo agio con “la vicina di casa”.

C’è il razzista: ah, quello non manca da nessuna parte, ma in metro le sue qualità si accentuano. Inutile spiegare quello che dice di solito, perchè la sua frase standard è: “annatevene a casa”.

C’è il turista: poverino, fa una pena. La maggior parte delle volte non si ricorda neanche come si chiama, e da ingenuo ancora si mette lo zaino dietro le spalle e non davanti per controllarlo. Poi dici che te solano.

C’è il turista…versione 2.0: lui è l’evoluzione. E’ quello che ha già capito tutto, che sa come funzionano le metro a Roma, e non si stacca dal suo posticino di fronte all’uscita, anche se deve arrivare al capolinea. E’ quello che ti prende per i fondelli e crede che nessuno possa capire la sua lingua.

C’è il lettore: recentemente sostituito da “colui con l’IPad”, legge. Legge, legge e legge, e non gliene importa un fico secco se tu devi sederti, se devi alzarti, se devi scendere alla prossima. Lui legge e leggerà sempre.

C’è quello che non si lava: come il razzista, non manca mai. Ma in metro, dove non c’è neanche un finestrino ovviamente, non scappi. La sua ascella o la sua schiena (ancora peggio), saranno sempre attaccate a te. Per non farti sentire solo.

C’è quello che parla al telefono: e che ovviamente ti fa sapere vita, morte e miracoli della persona con cui sta parlando, e anche della sua. Pigiati come il wurstel nel panino, circondati da tutti quelli appena elencati, lui ha la stessa filosofia del lettore: parla, parla e parla. Quasi quasi ti dispiace non sapere come è andata a finire col suo amico che doveva lasciare la ragazza.

Sarebbe impossibile elencarli tutti, mancano il coatto, la mamma con il passeggino, il tizio col cane, il rapper, quello che parla da solo, lo studente, eccetera eccetera eccetera. Sono milioni.

E sempre più convinti, vanno avanti per la loro strada.

Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate.

commenti
  1. tony63 ha detto:

    è proprio vero… direi solo che manca quello che ciancica la gomma e che cerca dove attacarla e poi i “loro” ci sono tutti .-.. anzi no, manco io!

  2. zioadry68 ha detto:

    …noto che non è cambiato molto rispetto a 15 anni fa quando ne facevo parte quotidianamente, però una volta non esistevano quelli che parlavano al cellulare…

  3. thesleepyowlet ha detto:

    Ci sono proprio tutti!

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